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sabato 21 aprile 2012

Pensaci....


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Pensaci, quante cose compriamo completamente inutili? 

Molte persone hanno l’armadio strapieno di vestiti e continuano a comprarne, spendendo davvero tanti soldi e magari si lamentano che la verdura biologica costa troppo…

Esce un nuovo tipo di cellulare e tutti corrono ad acquistarlo,
poi abbiamo bisogno della televisione 300 pollici super sottile ultra definita, 
dobbiamo cambiare la macchina anche a costo di indebitarci per anni, 

quel bel lampadario è davvero essenziale per  la nostra cucina, non importa se costa 300€, 
necessitiamo di scarpe di tutti i tipi: da ginnastica, da tennis, da passeggio, da sera, per le occasioni importanti, per andare al lavoro, per correre etc. non possiamo fare a meno di andare dalla parrucchiera una volta al mese, etc.

e poi non abbiamo tempo, non abbiamo tempo di recarci in due negozi diversi per fare le nostre spese, non abbiamo tempo per informarci dell’eventuale esistenza nel luogo in cui viviamo di un coltivatore biologico attraverso il quale acquistare verdure e frutta direttamente dal produttore, abbattendo i nostri costi e i consumi di carburante per distribuire tali merci…

Quindi mangiare biologico costa troppo?

Mangiare biologico costa ma nella maggioranza dei casi è solo una questione di priorità, nessuna delle spese elencate sopra contribuisce alla durata e alla qualità della nostra vita, e se ci appare che lo faccia è solo perchè siamo condizionati a pensarlo dalla pubblicità, che segue sempre e solo la logica del guadagno (di pochi su molti!)

Per una parte di popolazione però mangiare biologico può risultare essere davvero troppo oneroso in quanto si trova in forte difficoltà economica ed ha già da tempo eliminato tutte quelle cose superflue e inutili che ho elencato sopra, il mio consiglio per queste persone è comunque quello di informarsi,

 ( magari attraverso postazioni internet gratuite nelle biblioteche…),per acquisire una consapevolezza maggiore per quel che riguarda il cibo e imparare a scegliere nel modo migliore anche tra i prodotti “normali” o magari scoprire che alcuni prodotti biologici non sono poi così costosi o elitari come immaginavano…

Ripeto, mangiare biologico non è una cosa da ricchi o da persone con delle strane idee in testa che non si accontentano, che non gli va mai bene niente, che non si adattano: mangiare biologico deve essere una cosa per tutti, per tutti coloro che hanno capito l’importanza della loro vita, che danno valore a se stessi: il primo passo è rendersi conto di questo e iniziare a vedere i prodotti biologici semplicemente per quello che sono (o dovrebbero essere), vero cibo, al confronto dei prodotti normali che li possiamo considerare non cibo, ma un mero strumento di guadagno…

Se sei quindi in difficoltà economica ti invito a controllare bene la tua dispensa: contiene forse cibo spazzatura di cui potresti fare a meno (tipo patatine fritte, bibite, merendine prodotti già pronti etc.)?

 Potresti decidere di lasciare in negozio questo tipo di cibo (soprattutto i cibi già pronti, spendi di più che farteli da solo e fanno molto più male…), sostituendoli con materie prime biologiche ( farina, latte, uova, verdura, frutta etc.) per poi realizzare tu una torta, un piatto, spendendo lo stesso di prima ma portando in tavola del cibo vero…

Pensaci, se il tuo corpo è sano ti sarà più facile lavorare, darti da fare per uscire dalla tua situazione difficile, se il tuo corpo invece non funziona come deve tutto risulta più complicato.



ciao 

mercoledì 18 aprile 2012



Fra l'altro, tutte le nuove sostanze devono essere testate.  Forse interesserà a pochi, ma voglio qui ricordare che i test si fanno su migliaia e migliaia di poveri animali. 
 Nei test più "innocenti" le sostanze si somministrano in quantità abnormi via via crescenti, 
Test su conigli in apparecchi di contenzione. La sostanza da provare viene versata negli occhi dei conigli e sulla pelle, lasciandola lì per ore o anche per giorni, finchè l'organo non va in necrosi.
(da: Annual Pictorial Review della Scottish Society for the Prevention of Vivisection)
fino a provocarne la morte, spesso fra grandi sofferenze.  Questo viene fatto per determinarne la tossicità, raggiungendo la dose letale.


  Poi vi sono i test per lateratogenicità e la cancerogenicità, nei quali si provocano orrende malformazioni. 


 Non fingiamo di non saperlo!  Se non fossero continuamente prodotte nuove schifezze, potremmo evitare tante sofferenze.Esistono additivi naturali, innocui:  si potrebbero consentire solo quelli, però costano di più... Per esempio:

...e tante altre possibili.  Ma se il consumatore non le pretende, non sostituiranno mai quelle di sintesi, più economiche.Quanto a noi umani, esseri privilegiati e "signori del Creato", se vogliamo essere ragionevolmente sicuri di non ingurgitare porcherie, sarà bene rivolgersi il più possibile ai cibi provenienti ed etichettati "da agricoltura biologica".




Tutti avremo assistito qualche volta allo spettacolo deprimente di una bistecca che, mentre cuoce in padella, si restringe e diventa quasi la metà:  è certo, quella è carne gonfiata con ormoni della crescita.
Qui non consideriamo l'evidente truffa, che pure c'è, perchè ci hanno venduto ...acqua! 


 Pensiamo invece che noi quella carne la mangiamo, assorbendo con essa anche gli ormoni.  Le conseguenze possibili?  Eccole: 


 accade che i nostri figli crescano troppo velocemente, che alle bambine cresca troppo il seno, che abbiano mestruazioni anticipate, acne, ipetricosi (troppi peli!), che ai bambini non si sviluppino bene i testicoli e i futuri spermatozoi siano malaticci, e che magari a noi adulti venga un tumore alla prostata o all'utero...

Ma gli ormoni sono illegali:  come mai spesso ci sono ugualmente?  Perchè le povere bestie senza gli ormoni impiegherebbero il doppio a crescere, perciò gli allevatori, come si dice... "fatta la legge, trovato l'inganno".



  Se la norma da un lato vieta assolutamente gli ormoni, dall'altro li autorizza a scopo terapeutico e nel periodo successivo al parto:  perciò, con un veterinario compiacente, è fatta! 


 In fondo neanche servirebbe poi tanto:  i farmaci possono essere dati di nascosto...  basta interromperli qualche tempo prima della macellazione, e chi se ne accorgerà?


  Ma allora... controllare i farmaci alla fonte?  ...lasciamo stare:  in teoria, per evitare illegalità, i farmaci per gli animali da allevamento devono essere acquistati con ricetta veterinaria:  ebbene, le cifre ufficiali riportano 1 sola ricetta ogni 20 animali (il 5%), mentre si sa che negli allevamenti intensivi la necessità è enormemente maggiore.


  Semplicemente i farmaci sono acquistati sul mercato nero, cosicchè non se ne debba segnalare l'uso.  Poi si dovrebbe parlare dei macelli clandestini, che sfuggono ad ogni controllo, e della ormai famigerata BSE o "mucca pazza", ma non se ne può più, ci hanno fatto due ...scatole così.


  La situazione, nonostante tante leggi e tanti provvedimenti, attualmente è questa:  realisticamente bruttina.  Le cose stanno cambiando (e, in questo senso, benvenuta la BSE!) ma ci vorrà tempo.  


Una certa sicurezza è data solo dalle carni provenienti da allevamenti "biologici", perchè controllatissimi dagli stessi consorzi a cui aderiscono.





Shifezze a scelta

"Siamo ciò che mangiamo".  Ma cosa mangiamo?  Cominciamo col constatare che  il nostro cibo quotidiano è pieno di orrori:
  
 additivi, farmaci, pesticidi, impurità e anomalie biologiche.

 un apparato industriale alimentare
"Tutto ciò è inevitabile 

- dicono gli esperti - se vogliamo mantenere le nostre abitudini alimentari e un elevato tenore di vita:  la grande disponibilità di carni e verdure tutto l'anno non può fare a meno delle tecniche di allevamento e agricoltura intensivi." 


 Ma a quale prezzo?

Risulta che ogni anno, assieme al "normale" cibo, mandiamo giù più di 12 Kg di sostanze chimiche... Se anche non fossero tossiche - e lo sono - si tratta comunque di sostanze innaturali, che costringono fegato e reni ad un superlavoro per eliminarle!  Chi garantisce la loro innocuità?







Il Ministero della Sanità ci fornisce le liste degli additivi consentiti e "sicuri", e noi dovremmo perciò essere tranquilli:  però da trenta anni queste liste vengono aggiornate, cancellando ogni volta una o più sostanze precedentemente dichiarate sicure.  Quindi, chi può escludere che in futuro le nuove scoperte riveleranno rischi oggi ancora ignoti?
«Negli ultimi 15 anni sono stati sintetizzati più di 4 milioni di nuove sostanze chimiche e ogni anno vengono immessi sul mercato 500-1000 nuovi composti il cui grado di tossicità è spesso valutato in modo assai approssimativo.» da "Ambiente (ecologia)" Encarta 98
...Intanto sappiamo che molti additivi non sono in sè direttamente dannosi, ma lo diventano interagendo con altre fra le centinaia di migliaia di sostanze presenti nell'organismo, moltissime delle quali sono ancora poco o nulla conosciute...
Spesso si sente dire:  "...l'Italia ha leggi severissime, siamo ben protetti..." Siamo sicuri di questo?  Molti esperti ritengono che i pericoli alimentari siino molto sottostimati dagli stessi scienziati.  Di conseguenza le leggi fatte con i dati da loro forniti, sono insufficienti.  Se a questo aggiungiamo l'onnipresente corruzione dei vari livelli della politica, ci accorgiamo che non siamo affatto ben protetti...
È sempre bene non fidarsi troppo di quello che "è permesso per legge", per questi motivi:

  • i legislatori si basano sui rapporti elaborati da commissioni scientifiche, e la scienza non sa "tutto"
  • gli interessi in gioco sono enormi, e le eventuali "mazzette" lo sono anch'esse, in proporzione
  • sia gli scienziati che i politici sono uomini come altri, quindi fallibili e corruttibili
  • quando una sostanza chimica è riconosciuta come sospetta, per evitare danni economici alle povere imprese si preferisce quasi sempre adottare un "periodo di transizione" per smaltirne le scorte.  E la transizione la "assorbiamo" noi...


Nel 1998, in Italia sono stati venduti 109.600.000 kg di pesticidi chimici (23.100.000 di diserbanti, 29.000.000 di insetticidi, 47.600.000 di anticrittogamici, 9.900.000 di altri prodotti).  La maggior parte è stata irrorata sui campi dell'Italia settentrionale (54.1%)
(fonte Greenpeace)
L'agricoltura intensiva è la maggiore responsabile dell'avvelenamento collettivo:  si usano quantità terrificanti di pesticidi, anticrittogamici, concimi sintetici, diserbanti, e altro.  Perchè accettiamo tutto questo?  Molti di noi ne farebbero volentieri a meno...  ma la grande industria ce lo impone.  Se tutti noi boicottassimo le grandi industrie rifiutando i loro prodotti innaturali, prima o poi dovrebbero per forza cambiarli...
In Italia sono attualmente in commercio 35 tipi di pesticidi che secondo la severissima EPA (l'agenzia americana per la protezione dell'ambiente) sono considerati cancerogeni, eppure da noi sono venduti e usati tranquillamente.  Inoltre, 36 "principi attivi" presenti nei pesticidi "consentiti" da giardino, sono pericolosi per gli animali e per l'uomo, compresi pesci, uccelli, insetti, batteri del suolo, ecc.
Il grosso pericolo è l'accumulo: i molti veleni sono dilavati dall'acqua e finiscono nelle falde acquifere, come accadde con l'atrazina.  I veleni dall'acqua ritornano nelle piante, poi negli erbivori, e via via all'insù, negli animali superiori, ai vertici della catena alimentare:  qui si concentrano sempre più schifezze... e  noi alla fine ce li mangiamo, tutti contenti...
Proprio per coloro che vorremmo maggiormente protetti, ossia i bambini, il rischio è più alto, a causa dei residui di fitofarmaci e nitrati che rimangono negli alimenti.  Poichè i bambini assumono una quantità maggiore di calorie per peso corporeo, il rischio di accumulo di contaminanti tossici è più grande:  all’età di sei anni i bambini possono aver superato di 10 volte il limite ritenuto accettabile per il rischio di cancro.




Disastri



Prima dei più recenti "disastri" alimentari (metanolo, diossina, atrazina, mucca pazza) noi consumatori siamo rimasti perlopiù indifferenti.  Con il silenzio abbiamo consentito che le industrie dilatassero a dismisura i loro profitti, inquinando sempre più il nostro cibo.  Qualcosa sta cambiando, ma dobbiamo conoscere meglio il problema.  Questa pagina, frammentaria e incompleta, è solo una "passeggiata", per meditare.

domenica 15 aprile 2012



1 aprile 2012


Sostenere che il pangasio è un pesce sicuro è una tesi ardita, ma è anche una realtà difficile da contestare. Basta cliccare su internet la parola pangasio per trovare decine di articoli "contro", esiste persino una circolare dell'Asl milanese di qualche anno fa, in cui si dice che sono in corso controlli e accertamenti per verificare l'assenza di contaminanti e rassicurare la popolazione.

Tutto ciò risulta strano perchè i test condotti dall'Inran qualche anno fa e anche pochi mesi fa, hanno sempre confermato l'assenza di contaminanti. L'ultima conferma si trova in un'indagine pubblicata sul numero di aprile 2012 di Test Salute di Altroconsumo. La rivista ha acquistato 120 campioni di alimenti e li ha inviati in laboratorio per valutare la quantità di arsenico inorganico (un inquinante abbastanza diffuso negli alimenti anche se a dosi non preoccupanti).

L'aspetto interessante del test è che la  maggior parte dei prodotti esaminati era composta da pesci e frutti di mare. Più precisamente: 30 campioni di spigole e orate di allevamento (presumibilmente di origine greca e italiana), 23 partite di merluzzi, alici, sgombri catturati in mare e 12 campioni di pangasio di allevamento proveniente dal Vietnam. 

L'esito delle analisi è molto interessante, perché solo il pangasio è risultato senza arsenico. Al contrario solo 3 campioni (pari al 10%) di orate e spigole sono risultate esenti, insieme a 3 campioni di pesce azzurro catturato in mare  (13%). Per la cronaca va detto che anche le analisi condotte su 36 campioni di  cozze e vongole di allevamento si sono concluse promuovendo a pieni voti solo il 10% dei frutti di mare.

Fermo restando i limiti nutrizionali del pangasio, che abbiamo descritto in un precedente articolo, risulta del tutto priva di fondamento la campagna portata avanti da diversi media contro questo pesce, considerato da molti consumatori un prodotto di scarsa qualità proprio in virtù delle leggende metropolitane.



Altri articoli sul pangasio
Pangasio: il pesce del Vietnam supera gli esami, ma la cattiva stampa lo condanna Il pangasio in Italia non gode di una buona fama. Molti consumatori sono convinti che si tratti di filetti di un pesce di mediocre qualità, allevato in Vietnam in acque inquinate situate nel delta del fiume Mekong. 




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La colpa è di un gene



I cibi grassi sono una dipendenza? La colpa è di un gene


Si chiama CD 36 ed è responsabile della produzione di una proteina le cui quantità nell'organismo determinano la 

sensibilità verso i cibi grassi ed ipercalorici.



Per alcuni lo junk food è semplicemente irresistibile, per altri è una vera e propria malattia, una passione implacabile a cui non ci si può assolutamente sottrarre: una differenza di approccio rispetto al mondo del cibo ipercalorico che, secondo un recente studio, trarrebbe origine dal nostro stesso patrimonio genetico, ipotesi che aprirebbe a nuovi approcci terapeutici nei confronti dell’obesità.
 Non è la prima volta che gli scienziati affrontano l’argomento che, soprattutto nel mondo occidentale, rischia di diventare sempre più un’emergenza; e così, dopo aver verificato chele patatine fritte agiscono con il medesimo meccanismo delle droghe leggere, molto spesso si è chiamato in causa anche il DNA.
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Un gruppo di ricercatori della Washington University School of Medicine, infatti, sostiene che i segreti legati alle scelte alimentari sarebbero principalmente scritti  tra le nostre papille gustative: sulla lingua, assieme alle zone deputate a percepire il dolce, il salato, l’aspro, l’amaro e il saporito (chiamato anche umami), ci sarebbe anche un’area destinata all’identificazione del sesto sapore, il «grasso».
Gli studiosi americani avrebbero individuato il gene ritenuto responsabile della sensibilità proprio verso questo sesto sapore, l’ultimo in ordine di tempo ad essere scoperto. Il suo nome è CD 36 e il suo ruolo è quello di produrre una proteina la cui funzione è riconoscere il gusto grasso; qualora ilgene CD 36 risulti essere poco attivo, la scarsezza della proteina porta ad una minore sensibilità nei confronti dei cibi ipercalorici. 
Di conseguenza ad un basso livello di produzione corrisponde una percezione ridotta della presenza di grassi negli alimenti e la sensazione di non essere mai sazi, soprattutto quando si mangiano cibi particolarmente ricchi di lipidi.
La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of lipid research, ha seguito 21 partecipanti, tutti in sovrappeso, a cui è stato chiesto di assaggiare diverse qualità di olio di oliva, ognuna con un differente contenuto lipidico, al fine di verificarne la capacità di individuare i grassi sfruttando le papille gustative.
Gli studiosi hanno così verificato come la percezione cambi da soggetto a soggetto e come, a tali variazioni, corrisponda un gene più o meno pigro; ma hanno anche ipotizzato che la stessa dieta vada poi ad influire sulla proteina che ci tiene in guardia contro i cibi ipercalorici, creando un circolo vizioso dalle rischiose conseguenze per la salute.


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DA GIOVANNI BORTOLI


Sono sicuro che ti sarà molto utile!


Non perdiamo tempo e andiamo subito al sodo :-)
L'olio di palma lo possiamo trovare come ingrediente in davvero tanti alimenti,
è uno dei grassi preferiti dall'industria in quanto si presta a numerosi
impieghi ed è piuttosto economico.


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L'olio di palma in origine è ricco di carotenoidi, estratto con un processo che
utilizza vapore l'olio di palma è uno degli ingredienti preferiti dall'industria
dell'alimentazione perché si presta a svariati utilizzi. 


Il problema nasce nel momento in cui per l'utilizzo industriale l'olio di palma
deve venire fortemente raffinato attraverso processi che prevedono:


• l'eliminazione della parte gommosa ( per evitare problemi di schiuma
durante la frittura), 
• lo sbiancamento per abbattere la colorazione, 
• le deodorizzazione per eliminare alcune sostanze maleodoranti che renderebbero gli alimenti poco appetibili.


Alla fine di questi processi l'olio di palma ha perso tutti i carotenoidi di
cui poteva fregiarsi, ha mantenuto l'alto contenuto di acidi grassi saturi
ed è stato sottoposto a numerosi trattamenti chimici, che dire, meglio
lasciare i prodotti che lo contengono sullo scaffale.
Stesso discorso vale in effetti per quasi tutti gli oli o grassi vegetali tranne che
per l'olio extra vergine di oliva.


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Il percorso verso la salute attraverso Consapevolezza e ResponsabilitàIn tantissimi alimenti troviamo come ingrediente l'olio, ma c'è olio e olio e in
genere quello che viene utilizzato non è certo quello più salutare, ma, come  da legge del mercato, di solito è quello meno costoso...


La differenza principale tra un olio buono e un olio meno buono la si trova nel modo in cui questo viene estratto.


Lo sapevi che esistono 6 denominazioni diverse per “olio di oliva”? 


1. Olio extravergine di oliva
2. Olio vergine di oliva
3. Olio  d'oliva rettificato
4. Olio di sansa e d'oliva
5. Olio di sansa
6. Olio di sansa rettificato


Il primo, l'olio extravergine di oliva, è quello di qualità migliore, deve essere
ottenuto solo ed esclusivamente tramite procedimenti meccanici a freddo,
non deve subire manipolazioni chimiche, non può contenere più dell'1% in peso d'acidità.


Il secondo, l'olio vergine di oliva,  è similare al primo, differisce solo nel
grado di acidità che può essere fino al 4% del peso, ancora comunque un buon prodotto.


Il terzo, l'olio d'oliva rettificato, è ottenuto attraverso il processo degli alcali
o con diversi processi fisici applicati sugli scarti non edibili, ( non mangiabili),
ottenuti dopo l'estrazione dell'extravergine, questo processo rende
commestibili questi scarti. Davvero un prodotto da evitare!


Il quarto, l'olio di sansa e d'oliva, è ottenuto dalla miscela d'olio di sansa
rettificato con oli vergini d'oliva. Molto utilizzato dall'industria alimentare per
confezionare focacce e pizzette, è utilizzato anche nei ristoranti. Ancora peggio dell'olio di oliva rettificato!


Il quinto, l'olio di sansa, è fortunatamente per lo più utilizzato come mangime
per i bovini d'allevamento (che comunque prima o dopo arrivano sulla nostra tavola...).
 Ottenuto dall'ulteriore macinazione e spremitura degli scarti della
prima lavorazione l'olio di sansa è tra gli oli peggiori!


Il sesto, l'olio di sansa d'oliva rettificato, è tra i peggiori ingredienti per quanto riguarda gli oli che possiamo trovare nei nostri alimenti e spesso nei ristoranti e nelle mense.
Si tratta di olio estratto con solventi dalla sansa
d'oliva ( gli scarti della prima lavorazione), con aggiunta di acqua di lavaggio della sansa stessa;
il tutto è reso commestibile attraverso il processo seguito
anche per l'olio d'oliva rettificato.
Un ingrediente davvero ignobile!


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Ecco la brutta notizia che non sospettavi:


Al supermercato difficilmente troverai tutte queste diciture sulle
bottiglie d'olio, quando non si tratta di extravergine o vergine il termine utilizzato è olio di oliva,
dietro al termine olio di oliva si possono raffinatorettificato,
nascondere tutte quelle miscele di olio di oliva, anche  e altri olii vegetali in proporzioni variabili.


Solo per l'olio di sansa esiste l'obbligo di scriverlo esplicitamente in etichetta!


E questo è un inganno di cui pochi sono a conoscenza, difficile immaginare
che dietro l'apparente innocuo ingrediente “olio di oliva” si nascondano
sofisticazioni simili, per questo ti esorto a rimanere con gli occhi aperti e non dare nulla per scontato!


Tutti gli altri grassi o oli vegetali che non sono olio di oliva necessitano di una
raffinazione prima di poter essere consumati,  di questa raffinazione  ci sono
processi importanti ed essenziali come la deacidificazione per ridurre il
contenuto di acidi grassi liberi e altri del tutto inutili come la decolorazione
utile solo per rendere il prodotto più bello, tutti questi processi utilizzano
però nella maggioranza dei casi composti chimici per ottenere il
risultato voluto, composti che spesso non sono per niente salutari. 


Un esempio su tutti, per ridurre l'acidità di molti oli che li renderebbe poco
“palatabili” vengono trattati con una base forte estremamente corrosiva, in genere soda caustica!!!


Quando troviamo nella lista ingredienti un generico oli vegetali o grassi
vegetali possiamo già esser certi che non è stato utilizzato olio
extravergine di oliva ma più verosimilmente olio d'oliva rettificato
miscelato a qualche altro olio di semi poco costoso ed estratto con
solventi chimici.
Stesso discorso se troviamo “olio di oliva” anche in questo caso non si tratta
di olio estratto con processi meccanici come abbiamo visto ma attraverso processi chimici di rettificazione.


Da non sottovalutare poi il problema OGM che si diffondono sempre più.
Dietro all'ingrediente oli vegetali si possono nascondere oli estratti da coltivazioni OGM come l'olio di mais o la canola olio derivato dalla colza. 


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Attenzione poi ai grassi vegetali idrogenati quando leggiamo in etichetta un generico “grassi vegetali” è quasi sicuro che si tratta di grassi idrogenati,
altrimenti il produttore si sarebbe fregiato di un più appetibile “grassi vegetali non idrogenati”.


Ma cosa sono i grassi idrogenati? 


L'idrogenazione è un processo industriale che trasforma i grassi liquidi (oli), in
grassi solidi più facilmente lavorabili dalle industrie e più adatti a produrre diversi alimenti tra cui per esempio la margarina.


Il processo di idrogenazione produce acidi grassi di tipo “cis” e acidi grassi di
tipo “trans”. 
Gli acidi grassi di tipo trans fanno male!
Ecco come Mary Enig, un'autorità mondiale nel campo dei grassi trans
riassume i problemi che i grassi trans possono provocare:


• Abbassano il colesterolo HDL e alzano quello LDL
• Abbassano il valore biologico del latte materno
• Causano un basso peso dei bambini alla nascita
• Aumentano i livelli di insulina in risposta a un carico glicemico
• Interferiscono con la risposta immunitaria diminuendo l'efficienzadelle cellule B e aumentando la proliferazione delle cellule T            
• Diminuiscono il livello di testosterone
• Inibiscono alcune reazioni enzimatiche fondamentali (come quella della d-6-desaturasi)
• Alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari
• Alterano la costituzione e ilnumero degli adipociti (cellule di deposito del grasso)
• Interferiscono con il metabolismo degli acidi grassi essenziali omega-3
• Incrementano la produzione di radicali liberi.
I grassi idrogenati sono un'altra bestialità moderna utile solo alle
industrie per spendere meno e guadagnare di più!


In etichetta li possiamo trovare dietro alle diciture:
• grassi vegetali;
• grassi vegetali idrogenati;
• margarina vegetale;
• olio vegetale;
• olio di palma;
• olio di cocco.


Quindi mi raccomando: occhio alle etichette, le industrie alimentari mirano a modo per difendersi è conoscere i loro trucchetti
spendere poco e guadagnare molto a scapito della nostra salute, l'unico  in modo da evitare certe schifezze che ci propinano!


Ti saluto e ti auguro una magnifica giornata
Giovanni Bortoli


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